Esattamente così mi immagino La Fine.
Il cielo mi si rovescia addosso rabbioso e famelico. Si insinua in ogni dove, preme, spinge, entra, mi prende. Inarrestabile.
Gelo ma combatto e respingo, blocco e attacco per non farmi acqua nell’acqua e non finire, disciolta io stessa… un rivolo in questo oceano dal fondale di catrame che corre sconvolto soffocando i tombini che vomitano foglie e rami, come resti di un eccessivo banchetto.
Una gelida appendice di inverno (potrei dire inferno?!), che getta l’animo con le spalle al muro, due fulmini negli impietosi occhi rossi e un colpo diretto e preciso: al cuore. (Combatto?! Come?!…forse un appiglio?!)
Immersa in questo gelido magma mi lascio portare via mentre il cielo si fa rosso, o è solo sangue.
Mi sbaglio e mi arrendo (mi abbandono, dovrei dire). iI cielo non c’è piu’, l’hanno prortato via, c’è solo un fluttuare verso l’immenso nero e profondo…barattoli, portiere d’auto, sacchetti e corpi che si muovono lasciando segni nello spazio liquido.
Qualcosa mi passa accanto al braccio, riesco a fermarla negli occhi, un attimo prima della fine, è un replay, un pomeriggio di luglio…eri tu che mi mostravi chi eri mentre io cercavo di capire chi ero.
Era quest’immagine che portavi con te, con la sua bellezza sconfinata che vorticava in una una notte di fuoco.
Munch – Madonna